Oggi è a tutti noto che il cuore è una pompa muscolare che spinge il sangue a circolare nel sistema vascolare, ma in passato nelle medicine antiche, a questo organo venivano attribuite altre importanti proprietà come la generosità, il coraggio, la sede dell’anima.
L’uomo è sempre stato affascinato dal misterioso e incessante pulsare del cuore. Immaginiamo lo stupore, la meraviglia e la venerazione che gli uomini primordiali provavano per questa pulsazione misteriosa che possedeva il principio vitale. Appena si è sviluppata, nei nostri antenati, una certa consapevolezza del proprio corpo, fu subito chiaro che questo misterioso battito che proveniva dal petto aveva la capacità di mantenere la vita. Non appena si fermava, subito si verificava la fine di tutti gli altri movimenti dell’organismo e la morte fisica dell’individuo.
I medici-sacerdoti egizi utilizzavano due geroglifici e due vocaboli per il cuore: usavano un termine per designare il muscolo cardiaco e un altro per indicare il cuore nell’accezione spirituale di sede dell’anima, della coscienza, del pensiero e dei desideri.
Aristotele sviluppò uno schema cardiocentrico del corpo, attribuendo invece scarse proprietà al cervello. Secondo Aristotele, infatti, il cuore è sede del pensiero e principio delle vene e di tutte le funzioni vitali; è, insomma, il dio dell’organismo.
Spostandoci ad Oriente, la Medicina Tradizionale Cinese considera il cuore come la sede dello Shen. Questo termine è difficilmente traducibile con una sola parola. Infatti il termine che più si adatta è Spirito, inteso come stato di coscienza, consapevolezza, mente.
L’ideogramma Shen
L’ideogramma Shen si compone di due parti: la parte di sinistra significa “venerare” o “rendere omaggio”. Grazie a questo omaggio l’infinito scende verso di noi, verso il finito, verso l’umano. La parte di destra indica l’elevarsi, l’innalzarsi dell’uomo. In questo contesto, l’innalzarsi dell’uomo verso il Divino, verso il Cielo, verso l’infinito.
Il Cielo scende verso l’uomo e l’uomo sale verso il Cielo,
divenendo parte di questo infinito, divenendo l’infinito.
Sono passati secoli e le scienze della vita hanno chiarito quasi completamente gli aspetti anatomici, fisiologici e molecolari del corpo umano: il cuore è una pompa meccanica, mentre tutti gli aspetti compresi nel termine “Spirito”, sono stati attribuiti al cervello.
Ma, proprio quando si credeva di aver chiarito tutto, si è scoperto che cuore e cervello non sono due organi dal funzionamento distinto, ma dialogano in maniera bidirezionale. Nasce così il concetto di “asse cuore-cervello”.
Se da un lato il sistema nervoso innerva il cuore attraverso il sistema nervoso vegetativo, dall’altro, il sistema nervoso centrale riceve segnali meccanici dal cuore attraverso le onde pulsatorie originate dalla sistole ventricolare.
Una recente ricerca ha dimostrato che la percezione degli stimoli esterni cambia in relazione alla fase del battito cardiaco in cui gli stimoli vengono percepiti: in sistole, infatti, si ha meno probabilità di rilevare un debole stimolo elettrico localizzato a livello del dito, rispetto a quando la stessa stimolazione è erogata in diastole. In realtà è l’attività cerebrale stessa che viene modificata durante il ciclo cardiaco come se il cervello “spegnesse” la nostra esperienza cosciente, in modo da non dover essere in continuazione distratti dalla fase propulsiva del battito cardiaco.
Questa intima connessione tra sistema nervoso e cuore ci permette dunque di utilizzare quest’ultimo come una finestra per ottenere preziose informazioni sullo stato di equilibrio interno che chiamiamo “omeòstasi” e cioè sullo stato di stress/salute dell’organismo.
La parte del sistema nervoso che più ci è utile per conoscere lo stato omeostatico del corpo è il neurovegetativo. Le due sezioni di cui si compone esprimono, da un lato, il livello di stress a cui l’organismo è sottoposto (ortosimpatico) e, dall’altro, il livello di equilibrio a riposo (parasimpatico). Queste due sezioni del sistema nervoso vegetativo sono in costante bilanciamento e il loro corretto rapporto ci permette di affrontare tutte le emergenze grandi e piccole che la vita quotidiana ci presenta e di ristabilire uno stato di riposo necessario per recuperare le energie.
Come può, dunque, il cuore darci informazioni sull’attività neurovegetativa?
Lo può fare perchè il sistema nervoso vegetativo invia segnali continui al cuore e ciò determina una oscillazione degli intervalli tra un battito e l’altro che è stata definita “variabilità della frequenza cardiaca o, in inglese, heart rate variability (HRV). L’HRV è quindi lo specchio dell’attività neurovegetativa.
La vita quotidiana si può definire come una alternanza di momenti di stress e di altri in cui l’organismo recupera e riposa.
Sia ben chiaro che il termine “stress” non indica solamente un qualche fattore psicologica, ma in questo termine vengono raccolti tutte le variazioni esterne o interne che sono potenzialmente in grado di alterare l’omeòstasi. Pertanto sono agenti stressanti anche cose semplici e quotidiane come trattenere il respiro per un attimo o bere un grosso bicchiere d’acqua.
Il nostro benessere quindi dipende da una continua e incessante oscillazione tra stress e recupero pilotata dalle oscillazioni delle scariche ortosimpatica e parasimpatica. La salute dipende da un corretto bilanciamento di questa oscillazione.
L’ortosimpatico è il sistema che gestisce l’azione e l’emergenza determinando aumento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, dell’attività respiratoria, del metabolismo energetico, della velocità di pensiero, mentre il parasimpatico frena le funzioni corporee accelerate dal sistema gemello e inibisce anche il processo infiammatorio conosciuto come “infiammazione cronica di basso grado”, che è una delle cause del nostro invecchiamento.
Pertanto monitorando attentamente le oscillazioni orto- e parasimpatiche possiamo avere un quadro delle condizioni di equilibrio omeostatico.
La tecnica di valutazione dell’HRV si basa sul fatto che anche in presenza di una frequenza cardiaca apparentemente costante, in realtà se andiamo a misurare in millisecondi gli intervalli tra un battito e l’altro, scopriremmo che ad ogni ciclo cardiaco l’intervallo cambia, in una oscillazione continua. Questa variazione degli intervalli beat-to-beat può essere molto ampia oppure ristretta. Da una massa imponente di studi scientifici si è ormai capito che le variazioni ampie sono segno di equilibrio e benessere, mentre le variazioni ristrette sono un segnale di crisi.
I primi studiosi che si sono occupati di HRV sono stati i matematici negli anni sessanta del ‘900. Era un lavoro complicato perchè occorreva cercare gli algoritmi più adatti per effettuare la valutazione ed era necessario usare i computer, che all’epoca erano dei grossi armadi presenti solo nelle facoltà di matematica e fisica.
Oggi, dopo decenni di studio, l’analisi della HRV sta entrando nel mondo della Salute, grazie anche alla enorme potenza e diffusione dei dispositivi informatici. Quello che prima si poteva fare solo con grossi e costosi calcolatori elettronici, ora si può ottenere con uno smartphone di medio livello.
L’analisi della variabilità della frequenza cardiaca (HRV) si può eseguire in due modi: sulla base del tempo e su quella della frequenza.
L’analisi temporale della HRV è semplicissima. Basta creare un tacogramma, cioè un grafico che riporti sull’asse delle ordinate gli intervalli in millisecondi. Per fare ciò occorre un software che riconosca un punto di picco nel segnale elettrocardiografico (ECG) o fotopletismografico (PPG). Il tracciato che si ottiene, se sufficientemente lungo, mostra le oscillazioni degli intervalli. L’analisi sulla base della frequenza è invece più complessa. Ovviamente oggi fanno tutto i software dedicati. Una volta ottenuti gli intervalli in millisecondi, si procede ad eseguire un algoritmo chiamato Trasformata Rapida di Fourier (FFT) che divide gli intervalli in uno spettro di frequenze. Le alte frequenze (HF) sono sicuramente generate dal sistema parasimpatico (detto anche sistema vagale), mentre le basse frequenze hanno una interpretazione più difficile. Alcuni ricercatori sostengono che siano il frutto dell’azione del sistema ortosimpatico, mentre altri ritengono che sia l’espressione del bilanciamento orto-/parasimpatico. Comunque un dato interessante.
L’uso della HRV si sta diffondendo sempre più, al punto che molti atleti professionisti la utilizzano per monitorare l’efficacia dei loro programmi di allenamento.
Inoltre la HRV sta diventando un metodo per valutare il livello di molte patologie, dalla depressione alle malattie reumatiche, e per controllare l’efficacia dei trattamenti.
Concludendo, è soprattutto l’attività parasimpatica che va monitorata e incentivata per contrastare il consumo di energia vitale da parte dell’ortosimpatico, che dimostra la sua utilità durante un’emergenza, ma alla lunga è usurante. L’uomo ha imparato a migliorare la sua attività parasimpatica moltissimi secoli fa, prima ancora di sapere dell’esistenza di un sistema nervoso vegetativo. Infatti tutte le cosiddette “ginnastiche energetiche”, prevalentemente di origine orientale come lo Yoga, il Tai Chi, il Qi Gong, le varie tecniche respiratorie, e recentemente, in modo efficace le Tecniche Bioenergetiche del Metodo Summa Aurea®, si sono tutte dimostrate efficaci nell’aumentare l’attività del sistema parasimpatico.
Bibliografia
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https://link.springer.com/content/pdf/10.2165/00007256-200333070-00004.pdf
Prof. Claudio G. Molinari
Prof. Fisiologia UPO
Vice-Dir. Scientifico I.B.I.