La Medicina Omeopatica sfrutta la capacità dell’organismo di reagire in modo uguale e contrario ad un qualsiasi stimolo gli venga somministrato.
Ad esempio una mano immersa per alcuni minuti in una bacinella di acqua ghiacciata diventa successivamente più calda dell’altra grazie alla dilatazione dei suoi vasi ed al conseguente maggior afflusso di sangue. Per questa ragione possiamo perciò affermare che l’acqua ghiacciata scalda l’organismo grazie alla risposta omeopatica che evoca nell’organismo.
Contrariamente a quanto si pensa, perciò, la Legge dei Simili, principio cardine della Medicina Omeopatica, non trova la sua applicazione esclusivamente con delle sostanze diluite: essa anzi ha un valore universale.
Pensiamo ad uno stimolo meccanico. Se cerchiamo di trascinare verso di noi una persona afferrandola per un braccio, appena lasciata la presa essa balzerà all’indietro per la resistenza che cerca di opporre al nostro gesto. Qualcosa di analogo avviene ad esempio tirando un elastico.
Questo è il significato del motto Similia similibus curantur (i simili saranno curati dai simili) già indicato da Ippocrate, padre della Medicina classica.
La Legge dei Simili non ha perciò in sé nulla di rivoluzionario, eretico o “magico”.
L’Omeopatia non è altro che la scienza e l’arte che consente di stimolare l’organismo verso la propria guarigione grazie ad un uso intelligente di questo principio universale.
Diluizione: la pietra dello scandalo
Per praticare l’Omeopatia non è dunque concettualmente indispensabile ricorrere a dosi diluite.
I primi tentativi di cura con questo metodo furono anzi condotti utilizzando quantità considerevoli di medicamenti.
I risultati sperimentali dimostrarono che il paziente guariva passando però attraverso una fase iniziale
di inopportuno aggravamento a causa della sommazione degli effetti del rimedio omeopatico con quelli della malattia naturale.
La decisione di diluire le sostanze somministrate venne introdotta proprio al fine di ridurre queste sofferenze.
Il paradosso omeopatico
Mediante esperimenti successivi si arrivò a scoprire il vero paradosso omeopatico: i rimedi si dimostrano capaci di funzionare anche a diluizioni estremamente elevate. Si ottengono dei risultati terapeutici perfino spingendo questo processo all’estremo,
ben oltre al limite oltre cui è impossibile trovare ancora una sola molecola della sostanza originaria nel solvente.
Come se ciò non bastasse l’azione del rimedio diviene più profonda e duratura quanto più elevata è la diluizione, a patto che esista una forte somiglianza fra i sintomi del paziente e quelli della sostanza.
La Medicina Omeopatica si serve insomma della Legge dei Simili per consentire al malato di generare salute dall’interno di se stesso. Essa utilizza dei rimedi che, pur diluiti ripetutamente fino a perdere il soluto originario, ne conservano l’informazione.
Partendo da quanto appena detto e approfondendo il funzionamento dell’omeopatia, potremmo dire che è una metodica terapeutica basata su quattro principi fondamentali:
- La legge dei simili
- Specificità medicamentosa
- La dose infinitesimale
- Legge di Hering o di guarigione
La legge dei simili
“Nell’organismo vivente un’affezione dinamica più debole è eliminata in modo duraturo da un’altra più forte se quest’ultima (di specie diversa) le assomiglia molto dal punto di vista della sua manifestazione”.
In natura esistono infatti sostanze che, se assunte da individui sani per un certo periodo di tempo, sono in grado di produrre sintomi tipici della sostanza stessa (intossicazione). Sappiamo inoltre che ogni malattia è caratterizzata da un quadro sintomatologico che le è tipico. La ricerca dell’analogia tra i sintomi della malattia di un paziente e quelli provocati dalla somministrazione di una sostanza naturale ad una persona sana (ottenuta tramite sperimentazione detta prooving), è alla base dell’operato del medico omeopata (similia similibus curantur), come detto.
Alla propria dottrina basata sul principio dei simili Hahnemann diede il nome di “Omeopatia” e riservò invece il nome di “Allopatia” alla pratica medica secondo la quale per la cura di una malattia devono essere usati quei farmaci che hanno effetto contrario ai sintomi della malattia in atto.
Specificità medicamentosa
“Ogni medicamento produce effetti specifici nel corpo umano e nessun’altra sostanza medicinale può dare origine ad altri effetti che siano del tutto simili a quelli”.
Secondo questo postulato possiamo affermare che l’interesse del medico omeopata non è sicuramente la diagnosi di malattia, bensì la diagnosi di “rimedio”, cioè di quel medicamento che nel sano provoca i disturbi “più simili” a quelli presentati dal nostro paziente in esame. In natura infatti non esiste una sostanza che, somministrata ad un paziente sano, produca effetti uguali ad un’altra (patogenesi del rimedio).
La dose infinitesimale
La sostanza che si somministra ha esclusivamente funzione di stimolare la reazione e come tale più che elevata nel dosaggio deve essere specifica per i disturbi del paziente.
Diluizione e dinamizzazione aumentano progressivamente l’azione dei medicamenti. Qualunque sostanza o medicamento che agisce sulla vitalità è in grado di determinare un’alterazione dell’equilibrio della Forza Vitale e di conseguenza un cambiamento dello stato di salute della persona. Questo effetto, dovuto quasi esclusivamente alla sostanza somministrata, viene chiamato “Effetto Primario” ed è utilizzato dalla medicina allopatica.
Alla somministrazione di una sostanza la Forza Vitale si oppone con carattere conservativo sempre a favore della vita, questo grazie al fatto che l’organismo umano appartiene alla categoria dei “sistemi omeostatici”, caratterizzati da un’omeostasi fisiologica regolata da interscambi di informazioni biologiche e da tutte quelle attività che tendono a conservare costanti, o entro certi limiti accettabili, le varianti del sistema. Chiameremo quindi questo “Effetto Secondario”, utilizzato dalla medicina omeopatica.
Considerato che l’azione curativa in medicina omeopatica sfrutta la reazione dell’organismo, la sostanza che si somministra ha esclusivamente funzione di stimolare la reazione.
Legge di Hering o di guarigione
Per la caratteristica “centrifuga” della cura omeopatica che mira a “buttar fuori” la malattia anziché tendere a sopprimerla.
Nelle “vere” guarigioni, dopo la somministrazione del rimedio corretto, il paziente non giunge allo stato di pieno benessere in modo casuale, bensì seguendo un iter scandito da una legge ben precisa di eliminazione dei sintomi.
I sintomi spariranno dall’alto verso il basso (es. sparirà prima uno stato d’ansia che una pirosi gastrica) e dall’interno verso l’esterno (es. al miglioramento di un’asma può far seguito un peggioramento di un eczema cutaneo che poi a sua volta migliorerà e non viceversa). Tale meccanismo è spiegato dalla caratteristica “centrifuga” della cura omeopatica che mira a “buttar fuori” la malattia anzichè sopprimerla.
Spariranno inizialmente i sintomi che sono comparsi più recentemente e in un secondo tempo quelli che hanno un’origine più remota nel tempo.
C’è molto di più
Emilio Del Giudice, a Milano, nel febbraio del 2011, insieme al Premio Nobel Montagnier descriveva le relazioni “sessuali” tra le molecole, poneva al pubblico la domanda su come facciano le molecole a trovare la loro strada in un tempo veloce durante una reazione biologica. Quando in un sistema di reazione vengono inserite le materie prime, regolate le sostanze fisiche e le molecole si urtano, producono un gran numero di specie chimiche. Sono esseri poligami promiscui… Se le molecole non hanno indicazioni specifiche “vanno col primo che capita”, e in breve si producono tutte le specie compatibili.
Ma la materia vivente ha dei codici biochimici. All’interno di cicli biologici orientati alla vita, le molecole diventano monogame. In alcuni specifici cicli biologici sono perfettamente orientate e trovano in modo rapido le molecole con cui interagire.
Una volta “digerita” questa metafora sulla monogamia o sulla poligamia delle molecole, dobbiamo riconoscere che nel nostro organismo le reazioni avvengono in modo estremamente più veloce di quanto avvengano al di fuori della materia vivente.
La modalità con cui le molecole si trovano una con l’altra sono di tipo elettromagnetico, come se arrivati nella stazione di una città per incontrare qualcuno che abita lì, anziché chiedere ad ogni persona che incontriamo se effettivamente sia la persona da incontrare, semplicemente chiamassimo col cellulare la persona cercata e ci dicessimo dove incontrarsi.
Così funziona il sistema biologico, attraverso riconoscimenti elettromagnetici e non solo biochimici. L’energia e il campo elettromagnetico sono fondamentali per la comprensione della realtà.
Con questa semplice comunicazione Del Giudice raccontava uno degli eventi più straordinari della biologia degli esseri viventi, aiutando a comprendere eventi banali che sono simbolo del funzionamento dei codici o dei segnali di comunicazione tra le molecole.
Uno degli esempi più eclatanti è quello del vapore acqueo che nel momento in cui la temperatura arriva a 100 gradi (in discesa) diventa acqua in modo coordinato e contemporaneo iniziando ad addensarsi come seguendo un comando di tipo elettromagnetico, di tipo energetico-informazionale.
Se il processo fosse solo di tipo biochimico e termico, la trasformazione sarebbe casuale e scoordinata, mentre la contemporaneità dell’evento in tutto l’ambiente interessato dovrebbe stupire ogni giorno chimici e biochimici che invece danno il processo per “certo”, senza porsi una domanda sul come questo avvenga.
Lo stesso paradigma va applicato al sistema vivente. Alcune cose (probabilmente tutte) non avvengono solo per equilibri biochimici, ma per induzioni elettromagnetiche, attraverso una forma di energia perfettamente nota che semplicemente certa Scienza non vuole mischiare alla conoscenza chimica e farmacologica. Come se una persona volesse solo ricevere lettere (biochimica) e rifiutasse di ricevere telefonate (modifica elettromagnetica di un sistema).
Nella pratica la gente riceve lettere e riceve telefonate. Scrive messaggi sui fogli e parla al telefono. La realtà è fatta dalla interazione tra chimica, biochimica e campi elettromagnetici.
Ecco la chiave di passaggio dell’Informazione del principio attivo di un preparato omeopatico e il prodotto finale senza principio attivo ma con l’informazione terapeutica comunque presente: i campi elettromagnetici!
Autore
Dir. Scientifico I.B.I. e Presidente di A.I.O.S.A.
Roberto Fabbroni
Bibliografia
Galeazzi B., Manzalini A., Spiegare l’omeopatia con l’elettrodinamica quantistica, Homeopathy, 2019, doi: 10.1055/s-0039-1681037
Del Giudice E, Preparata G. Una nuova immagine QED dell’acqua: Comprendere alcuni fenomeni affascinanti . In: Sassaroli E, Srivastava Y, Swain J, Widom A. , eds. Coerenza quantistica macroscopica. NJ: World Scientific: Hackensack; 1998: 108-129